Tra colleghi:
 

Colleghi difficili? Rendili inoffensivi

C'è quello che non te ne lascia mai scappare una, capace di avvelenarti tutta la giornata non un commento al vetriolo appena metti piede in ufficio. Oppure, ad alzare in modo esponenziale il tuo tasso di nervosismo, è il finto sorriso alla melassa di quello che finge solidarietà ma intanto ti fa notare che sei arrivata in ritardo e il capo ti ha già cercato due volte. Per non parlare delle lingue biforcute con cui ti ritrovi a prendere il caffè a metà mattina: pronte a pugnalarti alle spalle appena ti volti per andare via. E si potrebbe continuare. Sono i colleghi difficili. In grado di mettere a dura prova le tue risorse psicofisiche, facendo lievitare ai massimi livelli ansia e nervosismo. Personaggi che popolano e spopolano in gran parte degli uffici. Gente con cui bisogna imparare a convivere «Soprattutto se si è alle prime esperienze di lavoro, è piuttosto facile diventare le vittime designate di questi giochi d'ufficio», osserva il giornalista Alessandro Gilioli, un approfondito saggio sul tema del disagio sul lavoro. Ma allora come reagire alle angherie sottili o agli attacchi frontali dei "lupi cattivi" che circolano indisturbati tra corridoi e scrivanie? «La prima regola è credere in se stessi e non permettere che gli altri intacchino il nostro livello di autostima», osserva Luciano Pastore, responsabile dell'Area interdisciplinare di psicosomatica e psicologia ospedaliera della Asl Rme di Roma, presso cui è stato recentemente aperto il Centro clinico per il mobbing e il disagio lavorativo. Il secondo passo? Capire i meccanismi dei loro giochi per adottare la strategia di difesa più efficace. Con l'aiuto degli esperti, abbiamo identificato cinque tra le più diffuse tipologie di colleghi impossibili insieme alle tattiche psicologiche per neutralizzarli. E vivere finalmente felice e contenta... 

LA PSEUDOCHIOCCIA: Difendi il tuo territorio.
Occhio al suo esagerato buon cuore. Ti irretisce-seduce a colpi di sorrisi e gentilezze. Perché, almeno in apparenza, è sempre dalla tua parte. Fin dal tuo primo giorno di lavoro. Ti spiega. Ti istruisce. Ti protegge sotto la sua ala materna, soffocandoti di premure. In realtà, con questo atteggiamento di finto accudimento, si garantisce la dipendenza degli altri. Tenuti amorevolmente in suo potere, i colleghi-bambini non avranno modo di crescere professionalmente raggiungendo una propria autonomia. Insomma, il suo vero scopo, anche se con mille sorrisi e buone maniere, è il controllo. 
La regola fondamentale con un finto-protettivo è: non adagiarti nella posizione di chi vuol restare "protetto". Anche se a volte può essere una soluzione comoda, soprattutto quando non sei sicura delle tue capacità, in realtà, devi far leva proprio sulla tua autostima per svincolarti da questo tipo di dominio. Seconda mossa: adotta una strategia abbastanza indolore che non implica spiacevoli scontri frontali. Ovvero, rassicura il collega che continuerai a seguire i suoi consigli, ma solo a parole. Tutti i tuoi sforzi saranno invece finalizzati proprio a uscire dal suo potere tentacolare cercando un tuo spazio e una tua identità.


ILSEMINAZIZZANIA: SPUNTA LE SUE ARMI
Si trova a suo agio solo in un clima irrespirabile, inquinato da tensioni e da veleni. E lui, come un autentico serpente a sonagli, il veleno lo semina ovunque, creando antagonismi, pettegolezzi, contrasti, maldicenze. È in queste condizioni che da il meglio di sé, proprio perché si sente il regista assoluto di una messa in scena dove il vincitore sarà lui. Rendilo inoffensivo spuntando una ad una le sue armi. Ricorre al pettegolezzo? Rispondi con una risata; o dicendogli che non ti Interessa. Cerca di inserirsi in uno screzio tra tè e il capo? Basta dirgli di non preoccuparsi della tua sorte: sarai tu a chiarire direttamente la faccenda.

L'ipercritico a 360 gradi, sorridi e spiazzalo con l'ironia
Lo scopo della sua giornata lavorativa? Demolirti. Modalità d'attacco: tutte. Della critica a 360 gradi ha fatto la sua "arma letale". E se professionalmente sei inappuntabile, inutile illudersi: lui trova il modo di distruggerti sul resto. Esempio? Davanti alla nuova pettinatura a caschetto, dice semplicemente: «Ma come ti sei conciata, sembri Paggio Fernando». Insomma, è un personaggio scomodo, sgradevole, snervante. In verità, disconfermando chi ha di fronte, cerca implicitamente di valorizzare se stesso. Paradossalmente, l'ipercritico è una delle figure più facili da neutralizzare: il suo gioco è così esplicito che può essere smascherato all'istante. Come difenderti? Nervi saldi e una buona dose di ironia: devi sorridere di lui, sorridere e far sorridere tutti gli altri sulle sue battutacce gratuite. Meglio ancora, anticipalo: e, prima che apra bocca, sollecitalo alla critica. In questo modo svuoterai le sue parole della loro carica distruttiva, trasformando lui in una macchietta dell'ufficio. Niente cedimenti. Anche quando una critica ti ferisce, devi fare finta di niente: capirebbe subito dove colpire, e a quel punto, potresti davvero cadere nella sua trappola.

L'ARRAMPICATORE: ASPETTA CHE SCIVOLI
È capace di approfittare dei tuoi tre giorni di malattia in modo Bieco, facendo tutte le mosse possibili per abbassare di qualche punto il tuo indice di gradimento davanti al capo. Costantemente in cordata per arrivare più in alto che si può, sgomita qua e là, facendo così precipitare più gente possibile. Utilizzando tutti i mezzi. Il suo scopo? Così evidente che tutti lo sanno. Ed è per questo che di solito intorno a un personaggio del genere c'è sempre il vuoto. Ma lui non lo sa. Che fare per neutralizzarlo? Distacco e attesa. Davvero basta aspettare. Prima o poi, nella sua scalata, metterà un piede in fallo: e troverà intorno a sé il vuoto pneumatico.

LO SCARICABARILE: IL NO E DI RIGORE
Caratteristiche di questa specie? Una strabiliante abilità nel convincere gli altri a fare ciò che dovrebbe fare lui. Con garbo, estrema eleganza, riesce a convincere chiunque a fargli un favore, un piccolo aiuto, per prendersi poi tutti i meriti e i complimenti per quel lavoro. Le sue prede preferite? Il collega debole, fragile, sottomesso che non sa mai dire no. Forse insicuro, con una scarsa autostima, più spesso un autentico parassita che, all'insegna del "mi faccio furbo, pietisco, delego", lavora a spese degli altri. Le vie d'uscita? Una sola. Devi imparare a dire no: un no fermo. Senza timori. Perché i parassiti vivono sui sì degli altri.

Tutti contro uno
Mobbing: è un fenomeno in espansione. Secondo i dati della European Foundation for The Improvement of Living and Working Conditions, condotta in 15 Paesi, in Italia a soffrire di questo disagio sui lavoro sarebbe circa il 6% della forza lavorativa. Ma che cosa significa mobbing? «Il termine è mutuato da un verbo inglese"to mob"che significa assalire, malmenare ed è stato usato dall'etologo Konrad Lorenz per definire il fenomeno in base a cui tutti gli animali di una certa specie si coallzzano contro un membro del gruppo e lo attaccano fino a espellerlo dalla comunità», spiega Luciano Pastore, responsabile dell'Area interdisciplinare di psicosomatica e psicologia ospedaliera della Asl Rme di Roma. Ci sono due tipi di mobbing: quello "strategico", messo in atto dalla stessa azienda per liberarsi di una persona, e quello "emozionale" dove ad agire contro un individuo sono proprio i suoi perfidi, diabolici colleghi.

 

 

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