Per ulteriori informazioni in
merito a sentenze sull'argomento, consultare il sito:
http://www.salentolavoro.it/detcomm.asp?ID=5
Molestie:
che cosa sono
Ogni
comportamento indesiderato a connotazione sessuale o qualsiasi
altro tipo di comportamento basato sul sesso che offenda la
dignità degli uomini e delle donne nel mondo del lavoro, ivi
inclusi atteggiamenti male accetti di tipo fisico, verbale o non
verbale.
Il Codice di
Condotta della Comunità Europea definisce così la molestia
sessuale.
Per comportamento
sessuale o basato sul sesso non deve intendersi solo
l’atto che coincide col tentativo di rapporto sessuale, ma
anche le esibizioni del proprio potere o le manifestazioni di
ostilità.
La molestia
infatti è strettamente collegata alla possibilità, reale o
presunta, di avere potere e di esercitarlo.
In Come
combattere le molestie sessuali, una guida pubblicata dalla
Comunità Europea nel 1994, M. Rubenstein e I. de Vries
riportano alcuni esempi di molestie.
Rientrano tra
le manifestazioni fisiche: i toccamenti non giustificati,
buffetti, carezze, pizzicotti, pacche, strofinamenti contro il
corpo della dipendente o della collega, finti inciampi,
"mano morta", fino agli atti violenti o di vera e
propria costrizione a subire violenza.
Il comportamento
verbale molesto può esplicitarsi in proposte sessuali non
desiderate, in deliberate pressioni per costringere ad atti
sessuali, inviti insistenti per incontri al di fuori del posto
di lavoro, apprezzamenti personali o osceni, frasi a doppio
senso, allusioni o osservazioni grevi, commenti deliberati sulla
vita sessuale: cioè tutti quei comportamenti con cui,
attraverso parole e frasi, si mostra di considerare l’altra
persona, anziché come collega di lavoro, come oggetto di mire
sessuali o di mortificanti rimesse in discussione del suo ruolo
nel posto di lavoro.
Ancora
Rubenstein e de Vries parlano di chi intimidisce o insulta con
allusioni all’aspetto fisico, di "rilievi sprezzanti o
umilianti" o anche di "veri
e propri insulti con riferimento al sesso della persona presa di
mira, atteggiamenti ostili e osservazioni ingiuriose
sull’aspetto fisico o sul modo di vestire".
Il
comportamento non verbale molesto può
consistere "nel
mostrare foto o figure, oggetti o scritti pornografici o di
contenuto o significato sessuale; nel dare occhiate o
nell’assumere espressioni lascive, nell’emettere fischi o
nel compiere gesti di significato sessuale".
L’insieme di
questi fatti, atti, azioni, comportamenti, produce
nell’ambiente di lavoro "un clima insopportabile", e
se chi molesta è un superiore o un datore di lavoro, la gravità
dell’azione e delle ricadute è ovviamente maggiore.
Gli
effetti che provocano
Le molestie
sessuali hanno ripercussioni globali sull’ambiente di lavoro e
sulla vita della persona che ne è oggetto. Oltre ad offendere
la persona, sul posto di lavoro minano la fiducia nelle
proprie capacità; condizionano l’efficienza sul
lavoro; ostacolano la piena integrazione nel mondo del
lavoro; ledono il diritto al lavoro e il diritto alla
salute.
Gli effetti
negativi delle molestie si estendono anche ai rapporti con i
colleghi ed ai rapporti con l’azienda.
In un ambiente
inquinato da molestie si registrano cali di produttività,
aumento delle assenze per malattia, aumento dei rischi di errore
e degli incidenti sul lavoro.
La qualità
della vita della persona molestata peggiora e si avvertono le
ripercussioni anche nella sfera privata. Il corpo reagisce allo
stato di stress con ripercussioni sulla salute: si possono
manifestare depressione, insonnia, emicranie, disturbi gastrici,
etc.
I
diritti che ledono
Le molestie
sessuali limitano la libertà e il diritto al lavoro, creano
discriminazione, offendono la dignità di donne e uomini, minacciano l’inviolabilità e l’integrità personale
e ostacolano l’inserimento delle donne nel mercato del
lavoro.
Ma né il
Codice penale né quello civile prevedono il reato di molestia
sessuale.
Quando si sono
manifestati gli effetti o le conseguenze dannose delle molestie
sessuali, in assenza di misure di prevenzione sul posto di
lavoro, si è fatto ricorso a norme già esistenti nel Codice
penale: atti di libidine violenta; atti osceni; atti contrari
alla pubblica decenza; violenza privata; aggressione e
raramente all’art. 660 c.p. "molestia o disturbo alle
persone", non specificamente sessuale, che punisce le
molestie solo se avvengono in luogo pubblico o aperto al
pubblico (sui mezzi di trasporto, attraverso il telefono, etc).
Per il rapporto di lavoro nel pubblico impiego si è fatto
ricorso anche all’abuso di atti di ufficio e alla
concussione. Per quanto riguarda il Codice civile, l’art.
2087 richiama al dovere dell’imprenditore di fare il
necessario "per tutelare l’integrità fisica e la
personalità morale dei prestatori di lavoro". Ciò
significa che se la responsabilità penale ricade sul singolo
che molesta, anche il datore di lavoro che non interviene è
responsabile dal punto di vista civile.
Tutte le norme
riferite in precedenza sono organizzate per la tutela di
interessi dissimili tra loro: l’onore, la libertà sessuale,
la libertà individuale, la pubblica amministrazione, etc., e
dimostrano come manchi una
norma centrata sull’interesse del soggetto molestato e
sull’insieme dei diritti lesi.
Manca poi del
tutto la possibilità, ricorrendo alle norme citate, di
segnalare quell’atteggiamento sfuggente fatto di promesse e
illusioni da un lato e di timore e sottili minacce dall’altro,
in grado di determinare un consenso indotto che pur non
essendo riconducibile ad una fattispecie esistente nei codici,
certamente avviene nei casi di molestie, e non è frutto di una
scelta di libertà.
Come
si può intervenire
Per affrontare
in maniera efficace qualsiasi problema, occorre conoscerlo in
tutti i suoi aspetti, nelle sue dimensioni, negli effetti che
produce, nei danni che provoca, nella stratificazione culturale
che evidenzia.
Gli interventi
devono essere mirati non solo a risolvere il singolo caso, ma ad
impedire che prosegua un comportamento scorretto fino al punto
di diventare reato.
La molestia è
un reato che ha goduto per molto tempo della copertura del
silenzio e della difficoltà a parlarne da parte di chi ne era
vittima. Come si è avvantaggiato dell’omertà sociale di chi
vedeva i fatti, e, per convenienza o timore, taceva, o ancora
peggio, ne travisava la portata.
Il rimedio più
efficace contro le molestie resta la prevenzione.
La prevenzione
culturale deve potersi giovare di campagne di indagine per
la conoscenza del fenomeno; di dati statistici sull’incidenza
delle molestie nei singoli settori; di campagne di
sensibilizzazione e informazione rivolte ai cittadini e alle
cittadine.
La prevenzione
nei luoghi di lavoro deve potersi realizzare con: l’informazione
per la costruzione di una cultura del rispetto e della non
sopraffazione, ricordando che le molestie sul lavoro sono un
reato che ha goduto per secoli di una benevola tolleranza
ambientale; la formazione di figure specifiche, ad
esempio il o la Consigliera di fiducia, senza dimenticare che è
indispensabile in questo caso che sia una persona di fiducia
per il personale (e non solo per il datore di lavoro,
quindi).
Come
riconoscerle precocemente
Il rischio di
molestie è certamente maggiore quando sono presenti poche donne
in un ambiente di lavoro o in settori prevalentemente maschili,
ma non sono esenti da molestie la scuola, la pubblica
amministrazione o i servizi sanitari, nei quali le donne sono
presenti in gran numero.
Nei grandi come
nei piccoli posti di lavoro alcuni segnali rendono riconoscibile
la lettura del disagio ambientale che accompagna la presenza di
un molestatore. È compito dei responsabili degli uffici sia
pubblici che privati vigilare sulla presenza e sulle
segnalazioni, da parte di tutti i dipendenti, di alcuni
elementi, quali:
• le
ripetute assenze (che sono spesso il primo segnale di disagio)
• aumento
del tasso di nervosismo e di errori sul lavoro
•
riluttanza a lavorare da sole con alcuni colleghi
• aumento
delle assenze per malattia
•
richiesta, laddove possibile, di trasferimento ad altro
incarico
• il
licenziamento o le dimissioni senza motivi comprensibili.
Se il
molestatore è un dirigente o un capo, la condizione di disagio
si accompagna a:
•
incremento del numero dei provvedimenti disciplinari
• richiami
e lagnanze avanzate pubblicamente sulla qualità del lavoro
• aggravio
dei carichi di lavoro
• negazione
o difficoltà a concedere ferie, permessi, trasferimenti ed
ogni altro elemento legato alla discrezionalità e all’abuso
di poteri.
Se il
molestatore agisce durante un periodo di formazione o di stages aziendali, o di contratti di lavoro a termine suscettibili
di conferma, può sfruttare un potere di condizionamento enorme.
Come
si differenziano da un comportamento ben accetto
La molestia
sessuale è un atto o un comportamento indesiderato dalla
persona cui è rivolto, quindi si distingue da altri
comportamenti che danno luogo a "reciprocità", come
quelli amichevoli, di corteggiamento, di seduzione, di ironia.
Quando si dice
"comportamento indesiderato", si deve intendere che è
la persona destinataria a stabilire se e quando è tale: lo
stesso gesto si può accettare da una persona e non tollerare da
un’altra. La molestia non risulta mai piacevole, ma
sgradevole, offensiva, umiliante, intimidatoria e ostile.
Si differenzia
da un approccio impacciato, perché il molestatore non è un
"corteggiatore goffo" ma una persona consapevole di
ciò che sta facendo, e determinata a continuare. Nella sua
personale dichiarazione di ostilità contro la molestata egli
vuole raggiungere un
risultato.
Come un
cacciatore, il molestatore inquadra e insegue le prede del suo
personale comportamento molesto; non intende ragioni, finge di
non capire i segnali di rifiuto e di disagio, cerca di provocare
una reazione da poter ritorcere contro la persona molestata.
Le molestie
sessuali possono essere molto diverse tra loro. Anche
l’attenzione più banale, se reiterata, senza il consenso
della destinataria, può diventare ossessionante.
Cosa
fare personalmente
Ci sono due
possibili strade da seguire (anche contemporaneamente) quando si
decide di reagire alle molestie.
Se si tratta di
un collega, un cliente o un utente fare in modo che sia
l’azienda ad affrontare il caso cercando di far applicare,
quando esistono, le sanzioni o i provvedimenti disciplinari
(l’ideale sarebbe il trasferimento del molestatore in luoghi
dove possa continuare a lavorare senza creare ulteriori
problemi) previsti dai contratti o dai regolamenti interni.
Questa prima
strada presenta delle complicazioni qualora l’autore delle
molestie sia anche un capo intermedio, un dirigente o colui a
cui fa capo la responsabilità di impedire che tali casi si
verifichino.
In questo caso
alla gravità dell’atto, che quando viene compiuto da un
superiore assume carattere di ricatto, si aggiunge la difficoltà
della denuncia.
Poiché i
molestatori seguono una sorta di copione che riproduce in tutti
i casi esaminati lo stesso schema generale, con piccole
varianti, è importante tener nota di ogni fatto, registrando la
data e l’ora in cui è avvenuto, e davanti a quali persone.
Spesso il
molestatore ha una "carriera" alle spalle, ha tenuto
in precedenza comportamenti molesti e per questi motivi è stato
rimosso da incarichi o da uffici precedenti.
È importante
annotare con le precise parole dette le proposte o le minacce
avanzate quando si è da soli o dietro una porta chiusa, e i
richiami o le osservazioni fatte davanti ad altri: colleghi,
clienti, pubblico, utenti.
L’altra
strada, in attesa che vengano approvate norme specifiche, è
quella del ricorso alla magistratura quando esistono gli estremi
per la denuncia. In entrambi i casi si può chiedere aiuto e
sostegno rivolgendosi alla rappresentante sindacale o
all’organismo di pari opportunità aziendale.
Nel caso di
piccole e piccolissime aziende si può ricorrere alla sede CGIL
più vicina al proprio luogo di lavoro o di residenza.
Con la legge
125/91 sulla realizzazione della parità tra uomo e donna nel
lavoro si è acquisito un nuovo strumento per intervenire:
l’art. 4 infatti prevede la possibilità di agire in giudizio
contro il datore di lavoro per qualsiasi atto o comportamento
che porti ad una discriminazione anche indiretta sui lavoratori
"in ragione del sesso".
Un ulteriore
sostegno è dato dalle "consigliere di parità" (art.
8 L. 125/91), che "...hanno
l’obbligo di rapporto all’autorità giudiziaria per i reati
di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle loro
funzioni".
Le consigliere
di parità in base alla legge 125/91 sono previste in ogni
regione ed in ogni provincia.
Come
comportarsi
Dimostrare
esplicitamente di non gradire gli atti o comportamenti molesti. Annotare ogni episodio
di molestia, riportando con precisione i particolari.
Coinvolgere se possibile i colleghi di lavoro chiedendo loro se
hanno avuto le stesse esperienze e di raccontarle.
Consigliarsi
con i colleghi sulla possibilità di sporgere denuncia. Se
esistono testimoni, anche tra gli stessi colleghi, chiedere di
riferire insieme i fatti.
Fidarsi della
propria percezione e rifiutare quei comportamenti che suscitano
disagio, anche se sembrano generalmente accettati.
Ricordare
sempre che le molestie non colpiscono solo chi le subisce ma
danneggiano tutto l’ambiente di lavoro e i rapporti con i
colleghi.
Rilevare la
negatività dell’atto in sé.
Sottolineare
l’inaffidabilità della persona che molesta rispetto
all’azienda o all’ente.
Evidenziare
l’incapacità del molestatore di inserirsi armoniosamente nel
contesto lavorativo.
Cosa
non si deve fare
Non cercare di nascondere il
fatto.
Non cercare di minimizzarlo.
Non pensare di essere responsabile di quanto accade.
Non cedere al
timore di non essere creduta o di essere derisa o di subire
ulteriori ritorsioni.
Non affrontare
in solitudine la lotta contro le molestie.
Non reagire in
modo da rischiare il licenziamento in tronco.
Non reagire in
modo da rischiare denuncie da parte del molestatore.
Ricordare che
la molestia non è legata né all’abbigliamento né al trucco.
Vengono molestate donne di ogni età, di ogni classe sociale, in
ogni tipo di lavoro.
In Italia una
donna su tre ogni giorno è oggetto di comportamenti molesti.
Ricordare che
sul posto di lavoro uno schiaffo o un litigio rientrano tra i
motivi di sanzione disciplinare.
Evitare
l’intervento di familiari o amici per non incorrere nel
rischio di denuncia per minaccia o altro.
A
chi ci si può rivolgere
La CGIL ti può
aiutare sostenendoti per la rivendicazione dei tuoi diritti, sia
dal punto di vista del rispetto del contratto, sia assistendoti
legalmente con gli avvocati; sia indirizzandoti, se necessario,
da una psicologa.
Nel caso tu sia
stata vittima di molestie sessuali ti puoi rivolgere:
• Al
delegato o alla delegata CGIL della tua fabbrica, del tuo
ufficio, del tuo luogo di lavoro, oppure alle RSU
• Alla
segreteria della tua categoria CGIL
•
All’Ufficio vertenze CGIL di Bergamo
• Alla
Consigliera di parità
• Alle
associazioni di donne eventualmente presenti dove abiti o dove
lavori.
Art. 2 dello
Statuto CGIL - Principi fondamentali
La Cgil afferma
il valore della solidarietà in una società senza privilegi e
discriminazioni, in cui sia riconosciuto il diritto al lavoro,
alla salute, alla tutela sociale, il benessere sia equamente
distribuito, la cultura arricchisca la vita di tutte le persone,
rimuovendo gli ostacoli politici, sociali ed economici che
impediscono alle donne e agli uomini native/i e immigrate/i di
decidere – su basi di pari diritti ed opportunità,
riconoscendo le differenze – della propria vita e del proprio
lavoro. Promuove nella società, anche attraverso la
contrattazione, una politica di pari opportunità fra donne e
uomini e uniforma il suo ordinamento interno al principio della
non discriminazione fra i sessi.
La Cgil tutela,
nelle forme e con le procedure più adeguate, il diritto di
tutte le lavoratrici e i lavoratori a rapporti corretti e
imparziali, specie in riferimento alla eventualità di molestie
e ricatti sessuali.
ORDINE DEL
GIORNO
Approvato
all’unaminità dal Congresso della CGIL di Bergamo
24 maggio 1996
"Nessuna
donna sul posto di lavoro dovrebbe essere costretta a passare
ogni giorno sotto le forche caudine delle allusioni
sessuali", dice Gretchen Morgenson.
Questo non
significa pretendere ambienti di lavoro dove regni l’innocenza
e dove nessuno possa permettersi educati complimenti e normali
corteggiamenti. Purtroppo la realtà è ben più fastidiosa.
Dai sondaggi
condotti negli Stati Uniti risulta che la metà delle
lavoratrici americane sono state vittime di molestie sul posto
di lavoro. Il problema però non è affatto limitato agli Stati
Uniti o a determinate categorie professionali.
Qualsiasi
ambiente di lavoro, indipendentemente dal livello e dalla
mansione svolta, obbliga le donne a fare i conti con questa
realtà, sempre sgradevole, spesso insopportabile: dalla donna
manager all’impiegata dello studio professionale, alla
cameriera di ristorante o albergo, alle operaie dell’industria
e del settore agricolo, alle dipendenti dello Stato.
Sondaggi fatti
nei principali Paesi industrializzati rilevano la diffusione del
fenomeno; ad esempio in Francia, su 1300 intervistate nel l991,
il 21% dichiarò di avere subito molestie sul luogo di lavoro.
Per quanto
riguarda il nostro Paese non esistono dati ufficiali aggiornati,
ma se possiamo usare la nostra realtà come dato indicativo,
l’aumento delle denuncie negli ultimi mesi denota una chiara
presenza di questi abusi.
Infatti, in
quest’ultimo periodo abbiamo constatato che, in particolare
presso il nostro Ufficio Vertenze, si registrano richieste di
assistenza da parte di lavoratrici costrette alle dimissioni, o
comunque in situazioni di grave disagio a causa di molestie
sessuali, in genere operate dai titolari delle ditte presso le
quali operano.
Uno scambio di
opinioni tra le compagne delle varie categorie della nostra
organizzazione conferma, pur in mancanza di dati precisi, la
rilevanza di questo fenomeno. Pare di poter affermare che in
questi ultimi tempi le donne, forse aiutate da una
sensibilizzazione al tema da parte dei mass media, con campagne
televisive e di stampa legate al fenomeno della violenza
sessuale, stiano acquisendo una maggiore consapevolezza e una più
forte coscienza dei propri diritti.
Tra questi, non
ultimo è quello di poter denunciare il proprio datore di
lavoro, che approfitta della sua posizione per imporre ricatti
alle proprie dipendenti, che vanno da fastidiosi e umilianti
apprezzamenti, fino a vere richieste di prestazioni sessuali.
Alla diffusione
del fenomeno sembra contribuire anche la peculiarità del lavoro
nel nostro territorio, caratterizzato spesso da piccole e
piccolissime imprese, i cui proprietari, alieni da qualsiasi
cultura imprenditoriale, sono convinti di non essere tenuti,
all’interno della propria attività, al rispetto di regole,
oltre che contrattuali, etiche e morali.
Consideriamo
importante che la nostra organizzazione sia punto di riferimento
per molte lavoratrici che chiedono di denunciare questi fatti e
vogliono essere tutelate rispetto ai propri diritti.
Riteniamo utile
che in questa sede congressuale la CGIL e le categorie, nella
consapevolezza della delicatezza e della complessità della
questione qui denunciata – che coinvolge spesso gli stessi
rapporti tra colleghe e colleghi di lavoro – assuma un preciso
impegno per sostenere attivamente, con risorse umane e
finanziarie e già a partire da quest’anno, un progetto che,
con il contributo diretto delle compagne firmatarie di questo
ordine del giorno, avvii interventi culturali e di assistenza
rispetto a questo problema, anche sull’esempio e in contatto
con strutture che già da anni operano in altre città in questa
direzione.
Per
saperne di più... e intervenire:
Un primo
risultato. L’Ufficio Vertenze della CGIL di Bergamo ha
ottenuto proprio alla fine del 1996 una sentenza di primo grado
contro un datore di lavoro che ha molestato la propria unica
dipendente. La lavoratrice – assistita dall’avv. Loredana
Baschenis – ha visto risconosciuto dal pretore Maria Vittoria
Azzolini di aver subito molestie sessuali e quindi il
risarcimento dei danni sia biologico che morale derivati da
questa situazione.
Normative
europee
La Direttiva
del Consiglio relativa all’attuazione, negli Stati membri, del
principio di parità di trattamento fra le donne e gli uomini
per quanto riguarda l’accesso al lavoro, le condizioni di
lavoro e la sicurezza sociale risale al 9 febbraio 1976.
Da quel momento
è cominciato l’iter che ha portato al formale riconoscimento
del fenomeno delle molestie nei testi comunitari.
La dignità
delle donne nel mondo del lavoro è
stato il primo Rapporto sul problema delle molestie sessuali
negli Stati membri della Comunità Europea (Ufficio delle
Pubblicazioni delle Comunità Europee) elaborato da Michael
Rubenstein nel 1987.
In seguito la
Commissione delle Comunità Europee ha redatto la Raccomandazione
della Commissione del 27 novembre 1991 sulla tutela della
dignità delle donne e degli uomini sul lavoro con allegato il
Codice di condotta relativo ai provvedimenti da adottare nella
lotta contro le molestie sessuali, alla cui stesura hanno
collaborato M. Rubenstein e de Vries autori anche della già
citata Guida pratica per
l’attuazione del Codice di Condotta. Come combattere le
molestie sessuali.
Ultima in
ordine di tempo la Risoluzione del Parlamento Europeo dell’11
febbraio 1994, sulla designazione di un Consigliere di fiducia
nelle imprese.
Questi testi
hanno già influenzato le legislazioni nazionali e sono
considerati, oggi, fondamentali.
Proposte
di legge
Nel corso degli
anni sono state presentate diverse proposte e disegni di legge
nel tentativo di inserire nel diritto il fenomeno delle molestie
sessuali.
Attualmente
sono presenti in Parlamento due disegni di legge di iniziativa
del senatore Smuraglia ed altri, uno di modifica del diritto del
lavoro composto da 13 articoli (Norme per la tutela della
dignità e libertà della persona che lavora, contro le molestie
sessuali nei luoghi di lavoro, n° 38 del 9 Maggio 1996) e
uno di modifica del codice penale di soli 3 articoli (Norme
penali e processuali contro le molestie sessuali, n° 41 del
9 Maggio 1996).
Accanto ad essi
segnaliamo la proposta di modifica del codice penale proposta da
Codi, Magistratura Democratica e AssoLei Sportello Donna, mai
presentata in Parlamento.
In
Lombardia
La Regione
Lombardia ha recentemente indicato la necessità di adottare nei
luoghi di lavoro – a partire dalle pubbliche
amministrazioni– codici di condotta contro le molestie
sessuali. Ci sembra importante riportare il testo integrale
della mozione e degli indirizzi regionali, perché i
rappresentanti sindacali studino la possibilità di adeguare a
questi – se necessario – le norme interne ai luoghi di
lavoro.
Mozione n. 151
Approvata dal Consiglio regionale nella seduta del 5 marzo 1996
Premesso
-
che tutte
le lavoratrici e tutti i lavoratori hanno diritto a un
ambiente di lavoro sicuro, sereno e favorevole alle
relazioni interpersonali, su un piano di uguaglianza, di
reciproca correttezza e rispetto;
-
che è
illegittima ogni forma di intimidazione, ogni atto di
ostilità e di umiliazione per le persone che lavorano,
delle quali devono essere garantite la libertà e la dignità;
-
che a
nessuno è consentito di approfittare della propria
posizione gerarchica per eliminare o ridurre le garanzie
delle leggi che regolano il lavoro o per esercitare forme
illecite di pressione o di ricatto.
Il Consiglio
regionale della Lombardia
-
Prende
atto e fa propria la raccomandazione n. 92/132 del
26.11.1991 e il codice di condotta della CEE e – su
proposta della Commissione regionale per la realizzazione di
pari opportunità tra uomo e donna avanzata nell’ambito
dei compiti istituzionali della Commissione previsti dalla
L.R. 2 maggio 1992 n. 16, art. 3, lett. g – assume gli
allegati indirizzi e impegna la Giunta regionale a
diffondere i principi in essa indicati tra i comuni, le
province, gli enti pubblici, le imprese e in generale i
luoghi di lavoro del territorio regionale.
-
Individua,
quali destinatari degli indirizzi regionali, i datori di
lavoro pubblici e privati, sollecitandoli ad elaborare dei
codici di condotta contro le molestie sessuali nei luoghi di
lavoro.
-
Afferma, in
particolare, che il codice di condotta debba essere applicato
nei rapporti tra gli amministratori con le lavoratrici e i
lavoratori della Regione, degli enti locali, nonché degli
enti ed aziende da essi dipendenti.
-
Sollecita
tutti i destinatari, sentite le organizzazioni sindacali e i
Comitati pari opportunità, ad adeguare agli allegati
indirizzi le normative interne concernenti le relazioni
interpersonali sui luoghi di lavoro, integrando e modificando
dette normative.
Gli stessi destinatari sono sollecitati ad intervenire
nell’organizzazione del lavoro per garantire l’attuazione
dei principi di cui all’art. 2087 c.c. che impone la tutela
dell’integrità fisica e della personalità morale dei
lavoratori.
Indirizzi
regionali per l’elaborazione di codici di condotta contro
le molestie sessuali nei luoghi di lavoro della Lombardia
-
La Regione
Lombardia in conformità a quanto disposto dalla CEE,
riafferma che ogni atto a connotazione sessuale, che
oggettivamente pregiudichi la libertà e la dignità delle
persone che lavorano, costituisce discriminazione ai sensi
della L. 10 aprile 1991 n. 125, art. 4, 1° e 2° comma.
-
Sono
compresi nei comportamenti di cui al precedente punto n. 1
le molestie sessuali, intese quali comportamenti
indesiderati a connotazione sessuale o qualunque altro tipo
di comportamento basato sul sesso che offenda la dignità
delle donne e degli uomini.
Rientrano tra questi, con aspetti di particolare gravità, i
comportamenti che, esplicitamente o implicitamente, siano
accompagnati da minacce o ricatti da parte del datore di
lavoro o dei superiori gerarchici, in relazione
all’occupazione, alle qualifiche, alle promozioni, ai
trasferimenti, ai licenziamenti, alle condizioni di lavoro
comunque configurate. Sono equiparate ai comportamenti sopra
indicati tutte le situazioni in cui il rifiuto o
l’accettazione da parte di una persona di tali
comportamenti vengano utilizzati, esplicitamente o
implicitamente, per determinare una decisione inerente
all’accesso al lavoro, alla formazione professionale, alla
assunzione, al mantenimento del posto di lavoro, alla
promozione, alla retribuzione e a qualsiasi altro elemento
inerente al rapporto di lavoro.
-
I
destinatari sono invitati a nominare figure di riferimento
con idonee competenze e capacità professionali da
individuarsi, sentiti i comitati pari opportunità, anche
tra organismi di tutela già istituiti o tra figure esterne
ai luoghi di lavoro e alla gerarchia aziendale.
Tali figure potranno intervenire liberamente per accogliere
segnalazioni, per dare consigli e pareri sui comportamenti
da tenere per realizzare, in via generale, tutto quanto
necessario a favorire l’eliminazione del fenomeno, nel
rispetto del principio di riservatezza e imparzialità.
Qualora sia ritenuto opportuno, in relazione alle
caratteristiche aziendali e all’ampiezza del fenomeno
delle molestie, si sollecita l’introduzione di procedure
aziendali, formali e/o informali, volte a prevenire una
eventuale fase contenziosa della questione. Tali procedure
dovranno avere carattere di riservatezza e di sollecitudine;
dovranno inoltre garantire un’adeguata assistenza alle
parti, fermi restando i principi della libera iniziativa
giudiziaria e della irrilevanza degli elementi di prova
raccolti agli effetti dell’eventuale successivo processo
disciplinare (che dovrà comunque svolgersi a norma di legge
e/o di regolamento).
Dovranno anche essere previste norme protettive di chi ha
denunciato le molestie e di chi ha testimoniato a favore
del/della denunciante, nonché norme sanzionatorie di
eventuali comportamenti ritorsivi nei loro confronti.
-
I
destinatari sono invitati, una volta stesi i rispettivi
regolamenti, a portarli a conoscenza dei dipendenti con
idonee forme di diffusione. Sono invitati, altresì, a
promuovere momenti di sensibilizzazione e informazione
rivolti a dipendenti e dirigenti, al fine di prevenire il
fenomeno delle molestie sessuali e di favorire un ambiente
dignitoso nei luoghi di lavoro.
Accordi
italiani: I contratti
Nel 1990, per
la prima volta, viene introdotta la definizione di molestie
sessuali in un contratto nazionale, quello dei metalmeccanici,
in seguito alle lotte delle donne che non volevano più un
contratto "a sesso unico".
Da allora la
clausola relativa alle molestie viene introdotta più spesso nei
contratti, anche se non sempre vengono nominate esplicitamente e
si fa riferimento, genericamente, a norme comportamentali. Tra i
contratti nazionali recenti del settore privato e pubblico che
fanno esplicito riferimento alle molestie segnaliamo:
Alimentaristi
- 24 Luglio 1995
Molestie
sessuali
Le parti
convengono che le molestie sessuali nei luoghi di lavoro sono
un’offesa alla dignità della persona e insieme una forma di
discriminazione e di ricatto nel lavoro.
Per molestie
sessuali si intende ogni comportamento verbale o fisico di
natura sessuale non gradito ed offensivo per la vittima.
I datori di
lavoro hanno il diritto di adottare tutte le misure utili a
preservare le lavoratrici ed i lavoratori dal rischio di
molestie e ricatti sessuali, e a garantire un contesto
lavorativo improntato al rispetto della dignità di donne e
uomini.
Spetta ai
comitati paritetici territoriali – nella loro funzione di
promozione di pari opportunità – organizzare iniziative di
sensibilizzazione su tale fenomeno nelle aziende del settore, di
gestire i singoli casi ed individuare comportamenti e
percorsi...
Dipendenti
compagnie di assicurazione - ANIA - 1° gennaio 1996
Tutela della
dignità delle lavoratrici e dei lavoratori - Art. 23
In tema di
molestie sessuali, le parti, al fine di tutelare la dignità
della persona nei luoghi di lavoro, adotteranno comportamenti
coerenti con le linee direttive della Raccomandazione CEE 92/131
con l’evoluzione legislativa in tale materia.
I rapporti tra
i lavoratori/trici ai diversi livelli di responsabilità
nell’organizzazione aziendale devono essere improntati a
reciproca correttezza.
In tale ottica,
devono essere evitati, in particolare, comportamenti a
connotazione sessuale offensivi della dignità della persona, i
quali determinino una situazione di disagio della persona cui
essi sono rivolti e possano influenzare, esplicitamente o
implicitamente, decisioni riguardanti il rapporto di lavoro e lo
sviluppo professionale, nonché ogni discriminazione in
relazione ad orientamenti che rientrano nella sfera personale.
Le parti si
impegnano a rimuovere, anche a livello aziendale, gli effetti
pregiudizievoli o discriminanti di eventuali situazioni, atti o
comportamenti contrari alla tutela della dignità della persona.
Imprese
artigiane grafiche - 1993
Articolo 44 -
Molestie sessuali
Le parti
affermano che le molestie sessuali nei luoghi di lavoro sono
un’offesa alla dignità della persona e insieme una forma di
discriminazione e di ricatto sul lavoro. Per molestia sessuale
si intende ogni comportamento indesiderato a connotazione
sessuale che offenda la dignità degli uomini e delle donne nel
mondo del lavoro, inclusi atteggiamenti molesti di tipo visivo o
verbale.
I datori di
lavoro adotteranno tutte le misure utili ad evitare
comportamenti importuni, offensivi o insistenti, derivanti da
molestie o ricatti sessuali, e a garantire un contesto
lavorativo caratterizzato dal pieno rispetto della dignità di
donne e uomini. Spetta ai comitati paritetici territoriali –
nella loro funzione di promozione di pari opportunità – il
compito di organizzare iniziative di sensibilizzazione su tale
fenomeno nelle aziende del settore, di gestire i singoli casi e
di individuare comportamenti e percorsi idonei.
Lavoratori
delle Poste - 24 novembre 1994
Salvaguardia
della dignità dei lavoratori
Considerata la
necessità di garantire che il rapporto di lavoro si svolga in
un ambiente idoneo al sereno svolgimento dell’attività, dovrà
essere assicurato il pieno rispetto della dignità della persona
in ogni sua manifestazione, anche per quanto attiene la sfera
sessuale.
A tal fine
l’Ente, nella consapevolezza dell’esistenza del problema
delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro, si impegna, in
linea con gli indirizzi espressi dalla Comunità Economica
Europea nella Risoluzione n. 90/c 157/02 del 29 maggio 1990, a
prevenire e reprimere comportamenti indesiderati a connotazione
sessuale.
Metalmeccanici
(Federmeccanica - Assistal) - 5 Luglio 1994
Art. 4.1.
Commissione pari opportunità
f) [deve]
proporre iniziative dirette a prevenire forme di molestie
sessuali nei luoghi di lavoro anche attraverso ricerche sulla
diffusione e le caratteristiche del fenomeno; al fine di
promuovere comportamenti coerenti con gli obiettivi di tutela
della dignità delle donne e degli uomini nell’ambiente di
lavoro si terrà conto dei principi espressi dalla Comunità
Europea nella risoluzione del Consiglio del 29 maggio 1990 e
nella Raccomandazione della Commissione del 7 novembre 1991 in
materia...
Nel
precedente contratto Federmeccanica, decorrenza 1 Gennaio 1991
Art. 18.
Rapporti in azienda, si parlava di: "comportamenti
offensivi e insistenti deliberatamente riferiti alla condizione
sessuale".
Tessili
Abbigliamento - 1995
Protocollo n.
10 - Tutela della dignità personale dei lavoratori
Le parti
concordano sull’opportunità che il rapporto di lavoro si
svolga in un ambiente idoneo al sereno svolgimento
dell’attività. A tal fine dovrà essere assicurato il
rispetto della dignità della persona in ogni suo aspetto
compreso quanto attiene alla condizione sessuale.
In particolare
saranno evitati comportamenti che determinino una situazione di
disagio della persona cui sono rivolti, anche con riferimento
alle conseguenze sulle condizioni di lavoro. In caso di molestie
sessuali nel luogo di lavoro, la R.S.U. o le organizzazioni
sindacali e la direzione aziendale opereranno per ripristinare
le normali condizioni lavorative garantendo la massima
riservatezza alle persone coinvolte.
Al fine di
favorire la conoscenza tra i lavoratori delle normative in
argomento, viene inserita nella parte relativa alla legislazione
del lavoro, allegata al presente contratto, la risoluzione del
Consiglio della CEE del 29 maggio 1990.
Questi
invece i contratti che indicano in modo più generico il
fenomeno delle molestie:
-
Associazione
Casse di Risparmio Italiane (Agri Assicredito) - 16 Dicembre
1994
Art. XX. Tutela
della dignità delle donne e uomini.
-
Ceramica
e abrasivi - 1994
Art. 48. Norme di
comportamento.
-
Chimici
- 19 marzo 1994
Art. 48. Norme di
comportamento.
-
Gomma/Plastica
- 1996
Art. 55. Rapporti in
azienda.
-
Industria
dolciaria - 22 Novembre 1994
Art. 49. Norme
comportamentali.
-
Industria
vetro - 1994
Art. 65. Rapporti in
azienda.
-
Settore
conciario - 1994
Art. 49. Norme
comportamentali.
-
Terziario,
distribuzione e servizi
Resta l’art. 3.
Relazioni sindacali a livello nazionale, già in vigore con il
contratto del 1.1.91.
Settore
pubblico
Nella
contrattazione del pubblico impiego le molestie sessuali vengono
inserite nelle norme disciplinari:
-
Comparto
Autonomie Locali - 7 luglio 1995
Art. 25. Codice disciplinare.
-
Comparto
Enti Pubblici non economici - 27 Gennaio 1995
Art. 28. Codice disciplinare.
-
Comparto
Ministeri - 17 maggio 1995
Art. 25. Comma 2 - Codice disciplinare.
-
Enti
Locali - 22 Dicembre 1994
Art. 25. Codice disciplinare.
-
Parastato
- 7 luglio 1995
Art. 258. Codice disciplinare.
-
Sanità
- pubblica 2 settembre 1995 - privata 29 novembre 1995
Art. 30. Codice disciplinare.
|